Cari Soci e amici della Rete Mediterranea,
saluto il 2021 ancora in mezzo alla tempesta che da quasi un anno stiamo attraversando. Quando nessuno poteva prevedere che un minuscolo e subdolo nemico avrebbe messo in ginocchio l’Occidente ricco e opulento, proprio noi membri del Consiglio della Rete abbiamo “sfidato” la sorte con la nostra ultima riunione a Milano il 6 marzo 2020, ospiti di Elisabetta Cofrancesco, prima che l’incendio divampasse assumendo presto proporzioni inimmaginabili, un incendio che è destinato a mutare l’intero quadro geopolitico sovvertendo purtroppo anche le condizioni sociali, economiche e sanitarie della popolazione mondiale.
Il 2020 rappresenterà un anno memorabile nella Storia. Abbiamo appreso molto – come sempre avviene durante i grandi flagelli che hanno squassato l’umanità: abbiamo sentito la fragilità dei corpi, vissuto la paura dell’ignoto, attoniti dell’incertezza scientifica, sospesi fra dubbi e rassegnazione, fra sospetti e rabbia, fra il dolore degli addìi non celebrati e l’attesa del cessato allarme.
A lungo ci siamo interrogati se la durezza delle misure imposte fosse giustificata dalla reale gravità dell’evento e per altro se esse fossero davvero efficaci a contenere il contagio: domande che non troveranno soddisfacente risposta ancora per molto tempo. Così come continuiamo a oscillare nella scelta delle raccomandazioni terapeutiche e non siamo meno preoccupati delle possibili conseguenze indesiderate di una vaccinazione realizzata in corsa senza che sia stata ancora completamente terminata la sperimentazione di fase 3 dei nuovi vaccini.
La scienza ha mostrato i suoi limiti nella conoscenza di un’entità sconosciuta, che non cessa di mutare d’aspetto e di comportamento. Ma sotto accusa è anche la nostra civiltà e le nostre abitudini di vita, distruttrici dell’ambiente e sperperatrici delle ricchezze naturali che ci sono state consegnate in prestito e di cui abbiamo fatto un uso tanto dissennato.
Singolare ed emblematica resta l’alta concentrazione di casi mortali localizzati nel Nord Italia, nelle regioni più ricche e prospere del Paese, quasi ad ammonirci che la frenesia produttiva, che esaurisce sia la Terra che l’umanità, deve trovare finalmente un freno.
Di tante diverse posizioni e interpretazioni, che hanno radicalizzato il confronto fra le parti, ho colto però la costante necessità di ritrovare in noi l’umanità perduta: questo bisogno primario è emerso nei pazienti soli nelle corsie, dai parenti sgomenti nel dolore delle separazioni, nel logorìo del personale sanitario che ha prestato un’assidua opera professionale ma che spesso ha dovuto consolare le solitudini e le angosce e tenere la mano ai morenti facendo le veci degli assenti.
Un bisogno che si è manifestato ogni momento nella voglia degli abbracci negati, nel desiderio delle relazioni interrotte e del contatto precluso. Non ci eravamo sbagliati in questi anni a riconoscere e a coltivare l’importanza di questo aspetto fondamentale della cura, che non può mai essere dissociata dall’esistenza intera. Mai come ora, dopo aver sostenuto pazienti, amici e colleghi nell’anno passato, mi rendo conto che la realtà è frutto della nostra coscienza e che il nostro agire, sentire e pensare modificano profondamente l’ambiente in cui viviamo e determinano la qualità delle relazioni che intratteniamo.
Così, malgrado la pandemia, la nostra Rete ha generato innumerevoli progetti capaci di connettere, spesso nella distanza fisica e geografica, persone dai profili più vari, unendo e valorizzando approcci diversi, ritessendo di continuo la trama che ci collega ad ogni manifestazione dell’universo sensibile.
Penso alle iniziative dell’Associazione REF di Elisabetta Cofrancesco, di Luisa Merati con la Sezione Naviglio Grande della SIMP, a quelle promosse da Sophie Ott e a quanto intrapreso durante l’epidemia da Silvana Cagiada la quale, malgrado le molte difficoltà, ha anche sostenuto con affettuosa determinazione Francesca Boschetti a dare il via al “progetto di Chiara”; a Daniela Muggia che è riuscita a creare l’università popolare In corde scientia; all’ “archeologica” opera di ricostruzione che ha fatto Rosetta Sambati con il materiale video girato negli anni nei convegni da lei organizzati con interventi di Emiliano Toso, di Carlo Ventura, Nader Butto, Michelangelo Pistoletto, Alessandro Bergonzoni e molti altri; al vasto progetto europeo “City4Care- comunità di cura diffusa” nei territori di Lecco e Mendrisio, coordinato da Danilo Spada e di cui il Maestro Michelangelo Pistoletto, anche lui colpito dal Covid, è mentore e ispiratore; alla Rete nazionale di Arte e Medicina con cui Ennio Brunetta ha tenuto vive la speranza e l’armonia mentre il contagio separava e confinava.
La collaborazione con la Rete Sostenibilità e Salute è continuata sempre più proficuamente con la predisposizione e la diffusione pubblica di tre documenti consensuali su temi cruciali di salute pubblica.
Intorno a noi si è svolta un’intensa opera di umanizzazione: per citarne solo alcuni esempi, lo straordinario rito del commiato all’Ospedale Mauriziano con cui a luglio Pino Fiumanò ha permesso di celebrare il lutto dei parenti e la sofferenza del personale di cura; il libro sulle danze intorno ai fiori di Bach in cui Joyce Djikstra ha trasfuso l’ ineffabile capacità della danza di elaborare la perdita; i numerosi cicli di “Danzare con la tempesta” tenuti da Alberto Fragasso che hanno suggerito modalità inedite di convivere con la pandemia. Per riempire il vuoto della solitudine e colmare l’inesauribile sete di apprendimento, si sono moltiplicate le occasioni di contatto a distanza che hanno coinvolto e consolato migliaia di persone.
La Vita, impetuosa e travolgente, non cessa di sospingere le nostre anime in sorprendenti direzioni, per farci oltrepassare le soglie delle nostre abitudini, fino all’ultima –o che almeno tale ci appare. Ciascuno di noi è immerso nel flusso e vi porta la sua inconfondibile nota: il nostro compito è farla vibrare al punto di massima autenticità.
Nel settecentesimo della morte di Dante, nessuna migliore ispirazione e guida della fulgida intelligenza d’amore che muove il Sole e l’altre stelle.
Il mio più caloroso augurio per il 2021!
Rossana Becarelli – Presidente Humana Medicina, medico, antropologo, filosofo della scienza, già direttore sanitario dell’Ospedale San Giovanni Antica Sede di Torino, primo centro oncologico italiano dal 1927.
Torino, 12 gennaio 2021
Umanizzare la medicina è possibile.
Aiutaci a estendere la Rete:
– seguendoci su https://www.humanamedicina.eu
– mettendo “Mi piace” sulla pagina FB humanamedicina
– iscrivendoti al nostro canale YouTube