disagio mentale

Il 13 maggio non si è stabilito per legge che il disagio psichico non esiste più in Italia, ma si è stabilito che in Italia non si dovrà rispondere mai più al disagio psichico con l’internamento e con la segregazione. Il che non significa che basterà rispedire a casa le persone con la loro angoscia e la loro sofferenza.

Franca Ongaro Basaglia

Sono trascorsi 40 anni da quel 13 maggio che vide l’approvazione della legge 180, nota come legge Basaglia, che ha decretato la chiusura dei manicomi e ha stabilito che le persone con disturbi mentali hanno uguale diritto di cittadinanza. I reparti vengono aperti, vengono restituiti ai malati gli oggetti personali, viene dato loro il diritto di parola. Proprio in questo giorno pubblichiamo il documento sulla salute mentale secondo la Rete Sostenibilità e Salute, un’analisi molto accurata sulle attuali criticità nel campo della salute mentale a cui si cerca di dare delle risposte efficaci, rivolgendosi al mondo della politica, agli operatori del settore e alla cittadinanza.

I disturbi psichiatrici incidono notevolmente sulla salute globale, rappresentando  il 23% del “Global Burden of Disease”. In questo contesto l’attuale modello di sviluppo, fondato su una crescita illimitata e indiscriminata dell’economia mina i determinanti ambientali, socio-economici e culturali da cui dipende maggiormente la salute mentale. Vivere in un ambiente sempre più inquinato e insalubre, con stili di vita frenetici e malsani, in cui le disuguaglianze e le divisioni sociali aumentano, dove individui, gruppi sociali e nazioni competono per accaparrarsi risorse in crescente diminuzione, non può che deteriorare il capitale di salute mentale a disposizione delle popolazioni.

Sebbene nel campo della psichiatria sia riconosciuto un modello di causazione bio-psico-sociale e l’importanza del contesto culturale, nella prassi clinica l’approccio tecnico, biomedico-riduzionista (caratterizzato dalla centralità della diagnosi e della prescrizione farmacologica), viene comunemente privilegiato trascurando le componenti psicosociali, culturali e gli stili di vita.

E’ possibile pensare la salute mentale all’interno dello scenario sociale e culturale tra il “patologico” e il “patogenico” sopra delineato?

Il Portavoce della RSS ( Rete Sostenibilità Salute) Jean-Louis Aillon afferma che secondo la RSS “di fronte a questo deserto delle speranze, non si possa che contrapporre la carica utopica quanto trasformativa di soggetti come Ivan Illich, Franco Basaglia, Frantz Fanon, Erich Fromm, Giulio A. Maccacaro, i quali avevano già da tempo intuito i rischi a cui stavamo andando incontro, lanciato un grido d’allarme e costruito ‘utopie della realtà’ a partire da reali pratiche di cambiamento che riescano a rispondere ai bisogni esistenziali reali delle persone”.

La sfida, conclude Matteo Bessone, “è sviluppare uno sguardo critico sulla società e sulla cultura in senso ampio, nonché sulla cultura e le pratiche dei servizi per metterle costruttivamente in discussione piuttosto che ostinarci ad adattare i bisogni delle persone a questa realtà e a questi servizi. Non possiamo più illuderci che le evidenze siano sufficienti per dare vita al cambiamento. L’evidenza ci dice che è necessaria più ferma volontà e maggiore fantasia”.

In tal senso la RSS cerca di delineare nei due documenti allegati (Analisi e relativo riassunto) alcune linee strategiche di comprensione di elementi culturali critici per proporre azioni di cambiamento.

Documento-Salute-Mentale-CONCLUSIVO

Riassunto-Doc.-Salute-Mentale

Redazione AsSIS – Associazione di Studi e Informazione sulla Salute| 13 Mag 2018 |