Il maestro Vessicchio suona e le piante crescono meglio.

Il popolare direttore d’orchestra ha iniziato una collaborazione con il prof. Stefano Mancuso, alla guida del laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale dell’Università di Firenze. Al polo scientifico di Sesto hanno fatto ascoltare musica a del vino rosso.

Corriere della Sera – Corriere Fiorentino del 25/2/2017

di Lisa Baracchi e Edoardo Lusena

«Buongiorno, sono Peppe Vessicchio e mi occupo di musica». Il professore dell’Università di Firenze, tra i massimi esperti al mondo nel campo della neurobiologia vegetale non ha potuto che rispondere con un « sono Stefano Mancuso e mi occupo di piante». È iniziata così la collaborazione tra l’acclamato direttore d’orchestra del festival di Sanremo e il direttore del primo e più importante laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale che si sono ritrovati venerdì al polo scientifico di Sesto Fiorentino. E hanno fatto ascoltare musica a del vino rosso.
«La ricerca scientifica deve basarsi su un metodo rigoroso, non deve avere preconcetti», spiega Mancuso che lavora da più di 15 anni sull’intelligenza del mondo vegetale, da quando l’argomento nel mondo scientifico era un tabù. Per lui e la sua squadra di ricercatori è ormai cosa nota che le piante riescano a percepire alcune frequenze nei brani musicali, armonie speciali come quelle di Mozart che hanno allietato per cinque anni una vigna di Montalcino dove i grappoli d’uva maturavano prima e dove le viti erano meno soggette a malattie. Un’esperienza simile è quella che il maestro Vessicchio ha fatto nelle serre del Salento dove pomodori, melanzane e zucchine crescono più in fretta e senza bisogno di fitofarmaci, grazie a Mozart e non solo: «Quel che conta è l’armonia del componimento, la condotta delle parti, come si dice in gergo, vorrei dimostrare che la risposta delle piante non nasce solo dalla musica classica e non tutta la musica classica va bene, può funzionare anche la musica pop e rock che utilizza lo stesso procedimento musicale. Non c’è motivo di pensare che la natura sia ‘classista’ nei confronti della musica», spiega il maestro che dal lavoro sulle musiche che piacciono alle piante ha scritto un libro «La musica fa crescere i pomodori», appunto, e ha confezionato un cd Parenti latini, «che se non piace può sempre essere usato come fertilizzante per le piante», scherza lui.
Tra un aneddoto sanremese su Elio e le Storie Tese e un commento su Justin Timberlake nel laboratorio di Sesto venerdì si è dato intanto il via ad alcuni esperimenti che serviranno a studiare come le piante interagiscono con la musica. Ma il «trattamento» a suon di Beethoven, Mozart e ritmi pop è stato riservato prima al vino, distribuito in diversi barattoli e messo in contatto con diverse musiche di un Iphone. «L’idea è vedere se l’esposizione alle frequenze sonore possa cambiare l’aroma del vino», spiega Mancuso. L’analisi degli elementi volatili non è cosa che si fa in un pomeriggio, ma a fine giornata una differenza sembrerebbe già esserci tra il vino che «ha sentito» la musica e quello rimasto «in silenzio»