foto rosettaTorino, 3 gennaio 2025

Carissimi  soci e amici di Humana Medicina, antichi e nuovi,

confesso la profonda difficoltà che ho provato il 31 dicembre a fare il bilancio dell’anno oscuro che si è appena concluso. Abbiamo dovuto prendere atto del furore incontenibile che si è impadronito delle menti umane spingendole a cancellare ogni residua vestigia di solidarietà se non di affetto reciproco. Da lungo tempo non si era vista una così determinata e irrefrenabile volontà di sterminare e distruggere i fratelli, senza alcuna pietà o misericordia. E d’altro canto, nell’Occidente libero e cosiddetto democratico, è dilagata una simmetrica impotenza, indifferenza -o addirittura supporto- a tanta bestiale ferocia. Si trovano a stento parole per esprimere l’orrore e l’indignazione che si prova a sopportare l’impossibilità di metter fine ai massacri che si vanno perpetrando nel mondo e che portano in larga misura il suggello e l’impronta della cultura a cui noi stessi apparteniamo.
Dal 7 ottobre 2023 al 24 ottobre 2023,  lo Stato israeliano ha ucciso 45.000 persone a Gaza, 17.000 delle quali bambini, ma la rivista Lancet stima che nello stesso periodo i morti indotti per la carestia, la sete, le pessime condizioni igieniche e il freddo nei ripari temporanei abbiano determinato la morte di non meno 170.000 persone.  Sono 104 i giornalisti morti sotto i bombardamenti israeliani della striscia di Gaza;  bombardamenti  che hanno anche causato la morte di 73 operatori sanitari e l’attacco a 57 strutture sanitarie, che per lo più non sono più funzionanti. Tra questi, 16 operatori sanitari sono stati uccisi mentre erano in servizio. È importante sottolineare che, sebbene questo numero sembri relativamente piccolo, nelle condizioni di assoluta necessità di assistenza medica ai feriti e ai superstiti,  la perdita di personale medico è particolarmente grave.
Gli operatori sanitari sono fondamentali e la loro scomparsa lascia un vuoto impossibile da colmare.
Le voci, in verità assai flebili,  che si levano in favore delle vittime, per lo più donne e bambini inermi, sono coperte dal ludibrio, dallo scherno e da calunniose accuse di parteggiare per i colpevoli, condannati come tali in modo pregiudiziale e ingiustificato. Uno specchio distorcente la verità devìa le coscienze e la giustizia verso posizioni di evidente e terribile  mala fede.

Oltre all’Ucraina, ad Israele, alla Palestina, Libano, Siria e Yemen, nel mondo sono attivi 56 conflitti, il numero più alto mai registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale, e di cui non si parla affatto. È il dato che emerge dall’edizione 2024 del Global peace index, pubblicato a giugno 2024 dall’Institute for Economics & Peace. L’Indice, principale indicatore mondiale della pace, utilizza 23 indicatori qualitativi e quantitativi provenienti da fonti attendibili e misura lo stato di pace di 163 Stati e territori considerando tre ambiti: il livello di sicurezza e protezione sociale, la portata dei conflitti interni e internazionali, il grado di militarizzazione. Il numero complessivo delle vittime è inevitabilmente approssimativo e spesso contestato dalle opposte parti, mentre aumenta la migrazione continua dei rifugiati che cercano riparo dalla guerra e dalle persecuzioni in altri paesi, che spesso li ricacciano indietro, producendo così altre migliaia di morti in questa tragica erranza.
Al momento in Messico risultano scomparse almeno 117.000 persone. Sono migliaia le persone che si dirigono verso gli Stati Uniti perché non esistono le condizioni per vivere nelle loro case in Messico o in America Centrale. Le guardie di frontiera statunitensi deportano più di mille migranti ogni giorno e il presidente eletto promette di deportarne 11 milioni.

Ciò che più sgomenta è che sia ricomparsa fra i popoli l’ideologia, un mostro che irretisce e travolge le coscienze, e che in suo nome (con molti diversi travestimenti e inclinazioni) si perpetri la sistematica disumanizzazione del nemico. Forse solo questa operazione mentale di fare dell’altro un Untermensch (un sub umano, cioè un’entità inferiore a sé), è la condizione indispensabile per sormontare la naturale fratellanza che lega insieme il mondo vivente e per riuscire ad esercitare un cieco parossismo di violenza sugli altri. Il paradosso attuale è che di fatto a trasformarsi in barbari e sanguinari aguzzini sono soprattutto gli uomini che fanno parte del mondo che pretende di essere più colto ed evoluto. Slogan aberranti che speravamo di non risentire più,  producono un rinnovato obnubilamanto della umanità fondamentale: “umanità”, cioé quella scintilla che connota l’ “essere umani”. L’ ”umanità” che intende distinguerci dalle “bestie”,  e che alla fine le fa assai migliori di noi perché non c’è mai nel loro agire nessuna premeditazione, efferatezza e crudeltà deliberata, come invece esercita l’uomo.

Mentre in Occidente il tasso di “umanità naturale” sembra precipitare in caduta libera, dall’altra parte avanza con rapidissima accelerazione il suo opposto simmetrico: l’Intelligenza Artificiale.
Se la disumanizzazione è regressiva, l’IA suscita immediatamente l’idea più promettente di progresso, tecnologico e operativo. Sta facendosi strada la certezza che essa sia ormai l’unica prospettiva di futuro e di evoluzione. Non vi sono dubbi che la sanità sarà, fra gli altri, uno dei campi privilegiati e prioritari di sua applicazione. Quanto più la sanità si va trasformando in una tecnica proceduralizzata in linee guida e protocolli (dove il rapporto fra operatore e paziente si degrada di continuo, la diffidenza reciproca e il contenzioso medico-legale crescono in modo incontrollabile), proprio lì l’Intelligenza artificiale porterà il suo inestimabile contributo di aggiornamento permanente su ogni nuova ricerca e acquisizione cognitiva. L’IA mostra una inusitata capacità di processare in tempo reale  tutte le informazioni disponibili a velocità supersonica, essa dispiega un atteggiamento dialogante e affabile, per di più dinamicamente interattiva, e ancor di più essa ha una infinita pazienza a recepire ogni stimolo esterno e a farne immediatamente uso. Questi aspetti, inarrivabili dal normale comportamento umano, fanno dell’IA l’interlocutore ideale di ogni paziente relativamente a qualsiasi quesito clinico. L’affidabilità dei dati processati, stante la natura polimorfa della loro origine e produzione, è quindi per di più utilmente corredata dall’impossibilità di identificare una controparte giuridicamente univoca da denunciare e trascinare in giudizio: quale miglior strumento dunque in una sanità sempre più oberata dal contenzioso medico-legale?
All’interno dell’orizzonte verso cui si è voluto da anni programmaticamente orientare la medicina in senso altamente tecnologico, standardizzato  e replicabile, negando valore all’intersoggettività relazionale in ambito clinico, abolendo il contatto fisico e dimenticando la semeiotica, l’IA non potrà che fornire risultati eccellenti. Robot umanoidi per l’assistenza infermieristica al paziente sono già in fase di sperimentazione avanzata in varie parti del mondo. Telemedicina, nanotecnologia controllabili a distanza, con monitor di rilevazione e dispositivi terapeutici indossabili, sono già afficacemente in atto e la popolazione è stata addestrata e addomesticata ad accettarli e usarli con abilità e soddisfazione durante la pandemia. Si ha quasi l’impressione che certi fenomeni gravi e inspiegabili adottati da anni, fra cui la diminuzione sistematica del personale medico e infermieristico (dalla legge finanziaria per il 2007,  senza interruzione fino ad oggi, in tutte le amministrazioni,  compresa la sanità,  si è imposto di procedere ad assunzioni per una spesa pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente e per un numero di dipendenti non superiore al 20 per cento di quelli cessati); la digitalizzazione forzata indotta dai lockdown, la progressiva “sterilizzazione” dell’alleanza terapeutica, l’incitamento alla disaffezione per la sanità pubblica,  avessero un obiettivo definito, ancorché occulto e imprevedibile: la liquidazione effettiva della medicina e della sanità quale le conosciamo da circa cinquant’anni.

In questo scenario, fin qui piuttosto scoraggiante e poco ottimista, espongo il mio pronostico per il futuro sulla base, non solo dell’analisi proposta qui sopra, ma desunto piuttosto delle esperienze che seguo sul campo da oltre vent’anni e che mostrano oggi un radicamento e una diffusione inimmaginabile al loro esordio.

La Rete Euromediterranea per l’Umanizzazione della Medicina, nata nel 2007 e formalizzata nel 2009,  intendeva fronteggiare il crescente “disamore” per la sanità di tanta parte del pubblico degli assistiti e non meno del personale sanitario (misurabile nell’aumento del contenzioso medico-legale e dell’epidemia del burn out fra gli operatori della sanità).
Molti e diversi erano gli strumenti che avevamo allora individuato per sostenere il personale e per contrastare il malessere dei pazienti: pratiche artistiche, supporto alla relazione interpersonale, integrazione e accompagnamento alla morte, empowerment nelle competenze di insight, medicina narrativa, filosofia, psicologia transpersonale, meditazione, yoga, etc… Eravamo in cammino e facevamo sperimentazione e ricerca, riscoprendo via via anche il valore di antichi saperi, che sotto traccia erano sopravvissuti al cosiddetto progresso. Dal tempo della  fondazione della nostra Rete, queste pratiche non hanno fatto che espandersi, sia nella sanità pubblica che in forme sempre più autonome e creative.
Nel nostro percorso abbiamo incontrato altre discipline e teorie che hanno gettato una luce straordinaria sui fenomeni che esploravamo, e in particolare sulla capacità di autoguarigione dei pazienti, che non è una formula miracolistica ma il fondamento stesso di ogni processo di cura. Siamo giunti a comprendere che il terapeuta, al suo meglio, è una levatrice che in modo maieutico fa rinascere nel malato la volontà, il gusto e la capacità di mobilitare le sue proprie risorse che lo riportino all’equilibrio naturale che chiamiamo salute. Sempre di più abbiamo reimparato a fidarci dell’intuito nei processi terapeutici, dove i soggetti coinvolti (curante e curato) cooperano alla scoperta e alla creazione di un nuovo Sé che si sprigiona dalle ceneri della malattia, e in cui la malattia rivela di non essere un infortunio, un accidente o una disgrazia, ma esattamene il suo contrario: il rivelatore del non detto e insieme l’innesco della rivoluzione necessaria per intraprendere un nuovo tragitto esistenziale.  Abbiamo ricominciato a considerare la Natura come  regola e maestra dell’armonia universale che regge il cosmo e tutte le sue forme di esistenza, quella stessa armonia  naturale che è stata compromessa nella malattia individuale dall’azione squilibrante di molti stimoli esterni e non meno interni. Le antiche tradizioni sapevano come mantenere in equilibrio l’organismo umano nell’accordo immanente e permanente con le leggi dell’universo.
Ciò che non dovrebbe essere  affatto strano, essendo noi parte a pieno titolo della Natura.
Ora l’iniziale approccio empirico delle nostre pratiche si va rafforzando con l’ausilio di quelle teorie che in più di cento anni hanno sovvertito la fisica newtoniana, e che rendono i fenomeni a cui l’abitudine ci ha fatto assistere con somma incredulità, “logicamente” plausibili ( o forse rompono piuttosto la logica aristotelica che ce ne impedisce la chiara visione…).
Lo studio di antichi testi sacri, la conoscenza del pensiero di mistici e mistiche, anche viventi, le ricerche antropologiche sulle antiche comunità di curanti, esseni, sciamani, medecine man, ci accompagnano e ci rendono il passo più lieve, dando senso all’esistenza anche nei suoi momenti più critici agli occhi della mente razionale, come la morte e la scomparsa del soggetto che pensa di vivere.

Il mio pronostico per l’anno 2025 è che, mai come adesso,  l’ “umanità” sta risvegliandosi e risplenderà di nuovo fulgore proprio perché le sfide che abbiamo attraversato in questi anni  ci hanno forgiato e hanno acceso il fuoco ardente del nostro divenire.
Intorno a noi è cresciuta un’immensa foresta, ricca di germogli, foglie e boccioli  roridi di rugiada e, come sappiamo, fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce.

Nessun momento è più buio di quello che precede l’alba. Ora siamo noi l’alba e a noi tocca rifulgere di piena e vivida luce!

Felice 2025 a tutti noi!
Rossana

 

Dott.ssa Rossana Becarelli, Medico, Antropologo, Filosofo della scienza, già Direttore sanitario dell’ospedale San Giovanni Antica Sede di Torino, Presidente della Rete Euromediterranea per l’umanizzazione della medicina – Humana Medicina (HUM MED).

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